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ALBINIA

Albinia è una frazione del comune  di Orbetella.

Albinia è situata in Maremma lungo la costa tirrenica, presso la foce del fiume Albegna – da cui il toponimo – all'estremità settentrionale del tombolo della Giannella, che collega la terraferma con il promontorio dell'Argentario. La frazione dista circa 30 km da Grosseto e poco più di 10 km dal capoluogo comunale.

Il centro abitato di Albinia nacque negli anni del fascismo come frutto di un intervento di pianificazione territoriale che incluse la bonifica delle paludi del fiume Albegna. Il nucleo originario era costituito da una serie di abitazioni residenziali ad un piano, fatte costruire dall'ingegnere Bartolini per i propri operai, dalla stazione ferroviaria, da un'osteria, una dispensa, l'edificio del Consorzio di bonifica Osa-Albegna e l'imponente struttura del silo del Consorzio agrario provinciale. Il primo nome dato al paese fu Albegna, ma confuso troppe volte con il fiume omonimo fu cambiato in Albinia. Il moderno paese si sviluppò però soltanto a partire dagli anni cinquanta, quando con la riforma fondiaria del 1951 il territorio fu riorganizzato in poderi e il villaggio fu popolato con numerosi immigrati da province e regioni limitrofe. Albinia fu progettata come centro servizi di una vasta area rurale, come altre frazioni sorte allo stesso modo in quegli anni (Rispescia, Borgo Carige, Marsiliana) e nel 1957 venne consacrata la chiesa parrocchiale. Negli anni la popolazione si è moltiplicata, tanto che oggi, con i suoi circa 3 000 abitanti, è la frazione più popolosa del comune di Orbetello.
Il 12 novembre 2012, a seguito delle forti precipitazioni che hanno provocato l'esondazione del fiume Albegna, l'intero abitato è stato sommerso da acqua e fango, risultando uno dei centri maggiormente colpiti dall'alluvione che si verificò in varie zone della Maremma grossetana, con ingenti danni alle attività economiche locali.

  • Chiesa di Maria Santissima delle Grazie, edificio di culto della frazione, è sede di parrocchia dal 1955 ed è stata completata nel 1957, con la consacrazione officiata l'8 aprile dello stesso anno. Il progetto è dell'ingegnere Ernesto Ganelli. La chiesa si presenta in uno stile semplice che richiama i lineamenti del neoromanico; all'interno è custodita una venerata statua di santa Rita, donata dal cavalier Tasso Tasselli, molto cara alla popolazione locale. Il complesso parrocchiale è costituito anche dalla casa canonica, l'edificio della scuola materna parrocchiale ed alcuni campi sportivi polivalenti.[2]
  • Forte delle Saline, struttura fortificata fatta costruire dai senesi nel XV secolo (il progetto è del 1469), è stata modificata e potenziata nel 1630 per volontà di Filippo IV di Spagna. Il forte serviva a controllare le adiacenti saline, importante risorsa del territorio, ma anche lo scalo fluviale dell'Albegna ed il passaggio sul tombolo della Giannella. Attualmente è di proprietà pubblica ed è utilizzato come archivio della Soprintendenza.
  • Silo del Consorzio agrario, imponente edificio del Consorzio agrario provinciale che si staglia tra le basse abitazioni della frazione. È stato costruito nei primi anni trenta del XX secolo.

ANSEDONIA

Ansedonia è una frazione del comune  di Orbetello.

Rinomata località turistica del litorale tirrenico, Ansedonia è situata sull'omonimo promontorio al limite sud-est del territorio comunale di Orbetello, nelle vicinanze delle rovine dell'antica città romana di Cosa.

  • Villa Tonda all'Oliveto, progettata dall'architetto Oreste Martelli Castaldi e costruita in via del Fiordaliso tra il 1969 e il 1978.
  • Villa Ascarelli, progettata da Giovanni Ascarelli dello studio Transit nel 2002, è stata costruita sul declivio della collina di Ansedonia tra il 2003 e il 2005.
  • Villa Milone, progettata da Giovanni Ascarelli dello studio Transit nel 2004, è stata costruita tra il 2005 e il 2007, andando a riproporre in chiave contemporanea una villa con vista sul mare risalente agli anni sessanta.
  • Torre della Tagliata, è stata costruita sul luogo di una torre di epoca medievale nel corso del XVI secolo. L'edificio ha subito alcuni interventi di restauro nei secoli successivi e, terminate le funzioni difensive, venne trasformato in abitazione. Fu soggiorno del celebre compositore Giacomo Puccini, che qui scrisse molte sue opere, tra cui la Turandot.
  • Torre di San Biagio, situata nei pressi del cosiddetto Spacco della Regina, è stata edificata nel medioevo come torre di avvistamento e poi potenziata dagli spagnoli nel XVI secolo. Attualmente si presenta come un imponente rudere ben conservato.
  • Torre di San Pancrazio, costruita nella seconda metà del XVI secolo dagli spagnoli per rafforzare il sistema difensivo costiero dello Stato dei Presidi, ha svolto funzioni di avvistamento, di difesa ed offesa fino agli inizi del XIX secolo. Oggi la torre è inglobata all'interno di un complesso privato.
  • Cosa: antica città di origine etrusca, fu fondata nel 273 a.C. dai romani come colonia e fu totalmente abbandonata nel XIV secolo. Si conservano resti delle mura ciclopiche, del foro romano e del tempio di Giove. Poco distante si trova la villa Settefinestre, risalente al I secolo a.C., anche se modificata nel XV secolo.
    • Mura di Cosa: costruite nel corso del III secolo a.C., si estendevano originariamente per quasi un chilometro e mezzo ed erano rafforzate da ben diciotto torri. Dopo la caduta dell'impero romano e il progressivo abbandono di Cosa, le mura andarono incontro ad un consistente degrado, finché non vennero restaurate dai conti Aldobrandeschi nell'XI secolo, per poi essere nuovamente abbandonate. La cinta muraria è stata riportata agli antichi splendori da un lungo restauro terminato alla fine del XX secolo.
    • Tagliata Etrusca, notevole opera di ingegneria risalente al periodo etrusco-romano. Si tratta di un canale tagliato nella roccia lungo la costa a sud-est del promontorio, ideato per evitare l'insabbiamento dell'antico porto creando un sistema di contro-correnti provenienti dal mare e dal canale emissario del non lontano Lago di Burano.
    • Spacco della Regina, grande spaccatura del promontorio soprastante che si sviluppa lungo alcuni cunicoli scavati artificialmente.

FONTEBLANDA

Fonteblanda è una frazione del comune di Orbetello.

La località sorge a 13 metri sul livello del mare alle pendici del Poggio Talamonaccio, presso il golfo di Talamone, a sud dei monti dell'Uccellina del Parco naturale della Maremma.

Nella zona sono stati rinvenuti numerosi reperti risalenti all'età del ferro, soprattutto nei pressi della spiaggia di Bengodi. Inoltre, il paese nacque anticamente nel periodo etrusco come porto di Talamone, e sono state rinvenuti diversi reperti risalenti al II secolo d.C. e una necropoli sempre dello stesso periodo. L'area di Campo Regio fu teatro della battaglia del 225 a.C. in cui i romani, guidati dai consoli Lucio Emilio Papo e Gaio Atilio Regolo, vinsero i Galli Boi, appoggiati dagli Etruschi. La località fu fortemente abitata in epoca romana, e subì i saccheggi dei Goti nel V secolo d.C.
Passò sotto la dominazione di Siena nel XIII secolo, e nel 1557 entrò a far parte dello Stato dei Presidi, prima di confluire nel Granducato di Toscana e successivamente nel Regno d'Italia, divenendo frazione di Orbetello.

  • Chiesa di Santa Maria Goretti, chiesa parrocchiale della frazione, ha iniziato ad essere costruita a partire dal 1950, ma è stata consacrata solamente il 5 luglio 1980. Il progetto originario era dell'ingegnere Ernesto Ganelli. La parrocchia di Fonteblanda conta circa 1390 abitanti.[1]
  • Chiesa di Santa Maria dell'Osa, nome con cui è comunemente conosciuta la chiesa di Santa Beata Vergine Maria di Pompei, è situata all'interno dell'Hotel Corte dei Butteri lungo la spiaggia dell'Osa. L'edificio è stato realizzato nel 1963 su progetto dell'architetto Ico Parisi. Ha subito un rinnovamento nel 1991.

  • Poggio Talamonaccio: promontorio che costituisce il limite meridionale del golfo di Talamone, poco distante da Fonteblanda, vi era ubicato in epoca etrusco-romana il primitivo insediamento di Talamone, dotato anche di un porto. Proprio in questa zona sorgeva l'antico tempio etrusco risalente alla fine del IV secolo a.C. da cui proviene il celebre Frontone di Talamone.

  • Campo Regio, biotopo che rientra nel sito di interesse regionale (SIR) B20.
  • Terme dell'Osa, complesso termale nei pressi del fiume Osa, noto sin dall'antichità dagli etruschi e dai romani.

GIANNELLA

Giannella è una frazione del comune  di Orbetello.

La frazione è situata sull'omonimo tombolo che collega il promontorio dell'Argentario con la terraferma, in un contesto paesaggistico protetto della Laguna di Orbetello. Il centro abitato è collocato nella parte meridionale del tombolo, al confine con il comune di Monte Argentario, in adiacenza al porto di Santa Liberata, attrezzato scalo turistico che però amministrativamente è già parte del comune confinante.
Giannella dista circa 8 km da Orbetello e poco più di 40 km da Grosseto.

Il territorio della Giannella fu abitato sin dall'epoca antica, principalmente romana, come rilevato in seguito a vari ritrovamenti archeologici. In località Casette di Fibia sono state rinvenute ceramiche di impasto] e ceramiche romane anche nei pressi della località Fossone, mentre resti di due ville romane sono stati scoperti presso la fattoria Barabino, con anfore, laterizi e frammenti di pavimentazione in cocciopesto, e lungo la strada delle Saline, con frammenti di ceramiche a vernice nera, sigillate e bizantine.
Un primo nucleo sorse nel corso della dominazione spagnola del XVI secolo, ma fu a partire dal XVIII secolo, quando la famiglia Giannella dette inizio allo sfruttamento agricolo del tombolo, che la località iniziò a popolarsi e svilupparsi, prendendo l'attuale denominazione. Nel catasto Leopoldino del 1766 risultano alla Giannella varie case rurali e lo storico casale viene indicato come proprietà di un certo Gaetano Filippacci. In seguito alle bonifiche effettuate dai Lorena, il territorio si organizzò in aziende agricole per lo sfruttamento dei terreni e qui sorse una delle principali tenute del territorio orbetellano: la tenuta della Giannella fu fondata agli inizi del XIX secolo e un decisivo incremento agricolo e demografico si ebbe a partire dal 1879, quando passò di proprietà al genovese Giacomo Barabino, imprenditore ed armatore, che possedeva alcuni pontili dotati di un sistema di comunicazione portuale che li collegavano a Talamone, a Follonica e alla linea ferroviaria. Barabino promosse personalmente la bonifica del tombolo della Giannella e chiamò originariamente la propria fattoria con il nome di Quisano, per indicare l'avvenuta bonifica di un terreno un tempo paludoso ("qui-sano").
La Giannella divenne ben presto una delle primissime mete turistiche della Maremma grossetana e già negli anni venti del XX secolo era una stazione balneare di ampio richiamo del territorio.Monumenti e luoghi d'interesse
Nei pressi del paese si trova il casale della Giannella, maggiore elemento architettonico della frazione, sorto probabilmente come torre costiera nella seconda metà del XVI secolo, per rafforzare il sistema difensivo costiero dello Stato dei Presidi. Il complesso è oggi sede del Centro di educazione ambientale "Aurelio Peccei", fondato nel 1989, e porta d'accesso all'oasi del WWF situata nel tombolo. Nei pressi del casale si sviluppa il "giardino delle farfalle", un percorso guidato dotato di pannelli didattici che spiegano il mondo delle farfalle.
Interessanti sono anche le numerose case rurali sorte nel tombolo tra il XVIII e il XIX secolo, tra cui si distingue particolarmente la fattoria Giannella, sede dell'omonima tenuta, che fu dal 1879 proprietà di Giacomo Barabino, il quale la modificò tra il 1884 e il 1890 con soprelevazione, copertura del tetto a capanna e costruzione delle stalle. Della tenuta facevano parte varie case coloniche come la casa Sprofondati, abitazione dei mezzadri e così chiamata per la presenza di uno stagno – chiamato Andrea Doria – dove sprofondarono alcuni braccianti con mezzi agricoli,e i casali Il Pino e Marlago, sedi dei traghettatori per collegamenti veloci mare-laguna (da qui "Mar-lago"); inoltre, il casale Marlago fu abitazione dei salariati chiamati al lavoro dai mezzadri per le opere di bonifica. Tra gli altri pregevoli edifici rurali del periodo ottocentesco si segnalano il casale Nuovo e la cosiddetta casetta dei Pastori.
Architettonicamente e storicamente rilevante è anche la primissima struttura alberghiera con stabilimento balneare costruita alla Giannella proprio dai Barabino negli anni venti del XX secolo: il Lido Giannella, composto da due corpi di fabbrica con facciate pregevolmente decorate in stile neoclassico, era collegato con Orbetello da una serie di traghetti ed ospitò personalità illustri del periodo come Benito Mussolini e Italo Balbo. Presso la struttura si trova la piccola cappella di Sant'Antonio.

QUATTRO STRADE

Quattro Strade è una frazione del comune di Orbetello.

La frazione è situata nell'area meridionale della Maremma grossetana, nell'immediato retroterra della Costa d'Argento. Il paese si trova nella piana sulla riva sinistra dell'Albegna, alle pendici occidentali del Poggio Apparita (268 m) a pochi metri dall'area naturale protetta dell'oasi Bosco di Patanella, situata in quel tratto della laguna di Orbetello compreso tra la città capoluogo e il tombolo della Giannella. La frazione è delimitata a nord-est dal torrente Radicata (8 km), che poco distante si immette nell'Albegna.
La frazione di Quattro Strade confina a nord con Albinia, a sud con Orbetello Scalo e ad ovest con la laguna di Orbetello. Dista inoltre poco meno di 8 km dal capoluogo comunale e circa 37 km da Grosseto.

Il territorio della frazione di Quattro Strade fu abitato in epoca antica, soprattutto romana, da quelle famiglie aristocratiche che possedevano qui ville e proprietà terriere. In località Cerreto fu rinvenuta nel 1756 un'iscrizione latina del console Lucio Domizio Enobarbo, mentre nei pressi della Parrina sono stati trovati i resti di una villa romana con pavimentazione in opus spicatum e a mosaico bicromo.
Tuttavia, dopo la frequentazione romana, tutto il territorio dell'entroterra orbetellano rimase spopolato per molti secoli, fatto dovuto alla pessima gestione dei terreni da parte dei nobili e delle signorie che vi regnarono che ebbe come risultato l'impaludimento della campagna nei pressi della laguna e l'arrivo della malaria. Nei primi anni del XVII secolo è qui documentata la presenza di pochissimi edifici rurali e anche i contadini aveano abbandonato queste campagne per l'insalubrità dell'aria e per vari vincoli posti dai governi circa alla circolazione dei prodotti agricoli: rimanevano in questo modo solo poche tenute, soprattutto di derivazione feudale, che comunque non investivano nella lavorazione dei terreni e nella costruzione di fattorie e case coloniche proprio per la presenza della malaria e la mancanza di infrastrutture che avrebbero favorito il commercio. Nel 1776, anno del catasto Leopoldino con il quale il governo granducale intendeva acquisire informazioni sulla situazione delle campagne e delle fattorie presenti in Toscana, è confermata la presenza a Quattro Strade di pochi edifici rurali, raccolti tuttavia già intorno ad un centro abitato principale, quello del Cerreto, ex borgo rurale con villa padronale e casa colonica annessa., che oggi costituisce il nucleo storico del paese. Tra i primissimi edifici sorti nel territorio in epoca antecedente al catasto lorenese, presenti ancora oggi, sono da ricordare il Palazzo Zugiani anch'esso inglobato nel paese di Quattro Strade, ma anche il podere Casetta di Mezzo, il podere Laura, la fattoria La Parrina e la Torre Nuova, posti nelle campagne immediatamente circostanti.
Durante il XIX secolo furono avviati i primi tentativi di bonifica e di ripopolamento dell'agro orbetellano. Questi territori tornarono lentamente ad essere ripopolati e il borgo del Cerreto si espanse grazie alla sua posizione privilegiata nei pressi della via Aurelia. Agli inizi del Novecento iniziarono i primi processi di appoderamento e razionalizzazione delle campagne, oltre che opere di bonifica grazie alla costruzione di idrovore negli anni trenta. I poderi erano composti dalla casa colonica e dalla stalla, e negli anni tra il 1909 e il 1939 si registra un incremento di abitazioni e un forte ripopolamento della campagna.[ Il paese prese il nome di Quattro Strade, in quanto posizionato a ridosso della via Aurelia e quindi crocevia per quattro direzioni, a nord verso Grosseto, a sud verso Roma, ad est verso l'entroterra e ad ovest verso la laguna. Ancora oggi sopravvivono a Quattro Strade numerose case coloniche originarie del periodo post-lorenese, quali il primissimo edificio costruito a ridosso dell'Aurelia come stazione di posta e con funzione di smercio di prodotti agricoli, noto come casale delle Quattro Strade, il casale Piccalumachelle, ex Tiberini, il casale Ramo, e i poderi San Giuseppe e Casalone.

SAN DONATO

San Donato è una frazione del comune di Orbetello.

La frazione è situata nell'area meridionale della Maremma grossetana, nell'entroterra di quella che è comunemente chiamata Costa d'Argento. Il territorio è a carattere unicamente rurale e comprende tutta quella porzione della campagna orbetellana delimitata a nord dal fiume Osa e a sud dal fiume Albegna. L'altitudine minima è di 6 m s.l.m., mentre la massima è di 45 m. I due piccoli centri abitati che compongono la frazione, San Donato Centro e San Donato Vecchio, si trovano rispettivamente a 33 m e 9 m d'altitudine.
La frazione di San Donato confina a nord con Fonteblanda, ad est con Magliano in Toscana, a sud con Albinia e ad ovest con il mar Tirreno. Dista inoltre poco più di 15 km dal capoluogo comunale e circa 30 km da Grosseto.

Il territorio di San Donato è stato frequentato in epoca etrusca sin dal VII secolo a.C., come dimostrano gli scavi archeologici qui effettuati tra la fine del XIX e la seconda metà del XX secolo. Tuttavia, il territorio in epoca medievale fu fortemente spopolato e soltanto in epoca lorenese, sotto il Granducato di Toscana, iniziarono i primi tentativi di bonifica e di ripopolamento dell'agro maremmano.
Agli inizi del Novecento iniziarono i primi processi di appoderamento e razionalizzazione delle campagne, oltre che opere di bonifica grazie alla costruzione di idrovore negli anni trenta I poderi erano composti dalla casa colonica e dalla stalla, e negli anni tra il 1909 e il 1939 si registra un incremento di abitazioni e un forte ripopolamento della campagna. Ancora oggi sopravvivono a San Donato numerose case coloniche originarie del periodo post-lorenese, quali il podere Quadroni, il podere San Giovanni, il podere Bellavista, il casale Volta di Rote, il casale Ferro di Cavallo e l'azienda agraria Il Tizzano: alcune mantengono il primitivo aspetto, altre sono state ristrutturate e in parte modificate. Dal 1933 la tenuta di San Donato (1 800 ettari), che allora faceva parte della società torinese "Aziende agricole maremmane", fu gestita dal barone Felice Andreis.
Il borgo di San Donato Centro nacque negli anni cinquanta come centro servizi per i numerosi poderi, nell'ottica di razionalizzazione delle campagne avviata con la riforma fondiaria nel 1951.


Presso la località di San Donato Centro è situata la chiesa di San Donato, chiesa parrocchiale della frazione, che è stata consacrata il 28 maggio 1961 La chiesa fu fortemente voluta dal vescovo di Grosseto Paolo Galeazzi, il quale affidò il progetto per la sua realizzazione all'ingegnere Ernesto Ganelli, noto per aver disegnato e progettato la quasi totalità delle chiese delle diocesi grossetane tra gli anni trenta e gli anni sessanta del Novecento] Al fianco della chiesa si eleva un imponente campanile cuspidato alto 37 metri e dotato di quattro campane
La chiesa è sede di parrocchia costituita il 1º aprile 1943. La parrocchia di San Donato si estende su un territorio di circa 540 abitanti.

Presso la frazione sono stati rinvenuti numerosi manufatti e resti di epoca antica che documentano una frequentazione del territorio almeno a partire dal VII secolo a.C.. Nelle vicinanze di San Donato Centro è stata rinvenuta negli anni ottanta del XX secolo una necropoli etrusca databile tra la seconda metà del VII e la prima metà del VI secolo a.C.: la necropoli si compone di sei tombe a camera di pietra calcarea, precedute da un dromos. Poco distante, durante i lavori di bonifica, sono state ritrovate alcune testine in terracotta, mentre presso la tenuta di San Donato alcuni scavi hanno permesso di riportare alla luce un altare in marmo con iscrizione dedicata ad Augusto.
Nei dintorni si sono poi susseguiti vari ritrovamenti di epoca antica, come un bassorilievo raffigurante dei giochi, i resti di una villa romana e, in direzione di Albinia, una fornace per ceramiche, datata al I secolo a.C., che mantiene ancora i pilastri di sostegno del piano cottura. Si segnala poi il ritrovamento di una piccola necropoli romana con tombe alla cappuccina presso il podere San Giovanni e un miliario romano rinvenuto presso il podere Volta di Rote: sul miliario si legge un'iscrizione dedicata a Marco Emilio Scauro.
In località Doganella, al confine con il territorio comunale di Magliano in Toscana, si segnala inoltre la presenza di un insediamento abitativo identificato negli anni settanta del XX secolo con la città di Kalousion, menzionata da Polibio. I resti furono visionati per la prima volta nel 1842 dall'archeologo George Dennis, il quale identificò erroneamente la località con la città di Vetulonia. L'area archeologica della Doganella testimonia la presenza di un esteso centro abitato, risalente alla fine del VII secolo a.C., che conobbe un incremento urbano e demografico tra il VI e il IV secolo a.C., per poi essere abbandonato in seguito alla conquista romana del III secolo a.C. Gli scavi hanno permesso di riportare alle luce lo zoccolo perimetrale dei muri delle abitazioni a pianta rettangolare e di documentare la presenza di mura fortificate di una lunghezza di circa 7 km.